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CRITICA SELVAGGIA FINE A SE STESSA
IL CASO TANO PASSAMI L’OLIO

Duole davvero leggere poche righe e scritte male su una testata giornalistica e sottolineo proprio il fatto che, del caso di cui vi voglio parlare, non si tratta di un sito di recensioni aperto a tutti, su quale tutti possono scrivere la loro, anche in maniera maleducata, astiosa e magari senza nemmeno conoscere la materia della quale si parla, tutto in nome della “libertà”.
No signori, lo scritto che voglio portare alla vostra attenzione e che mi ha disturbato oltremodo leggere, non è un post sui social, bensì uno pseudo articolo giornalistico, pubblicato su una testata giornalistica.
Si tratta di una recensione, inserita in una rubrica di recensioni negative firmate da un giornalista che utilizza lo pseudonimo di Cavaliere Nero per mantenere l’anonimato e il pezzo lo potete leggere qui:

leggo.it/alimentazione/il_c…CyqVjX8PP4NZiTHWh8

Ecco le mie osservazioni; innanzi tutto è più che lecito e anzi, socialmente utile che la critica negativa esista, in secondo luogo è anche interessante che si possa tenere una rubrica senza svelare la propria identità, questo perché si possa svincolare il giudizio professionale da quelli che possono essere interessi personali e commistioni varie ma, badate bene, il libero giudizio DEVE ESSERE PROFESSIONALE, perché se il nome di fantasia diventa un pretesto per sparare a zero, indiscriminatamente e SENZA MOTIVAZIONI GIUSTIFICATE, allora mi permetto di essere chiamata in causa.
Certo perché un pezzo scritto in questo in questo modo e pubblicato su una testata giornalistica, in realtà non offende chi di professione fa il cuoco, ma offende chi, come me, svolge la professione di giornalista.

Io questo lavoro lo faccio da 34 anni (ebbene si) ho nel portafoglio la Tessera da Professionista dal dicembre 1986 e prima ho avuto quella da Praticante per due anni, per fare la sacrosanta gavetta richiesta dall’Ordine dei Giornalisti, prima di accedere al rigido esame di ammissione.
Detto questo mi manca l’umiltà? Non è l’argomento in questione, riporto solo informazioni documentabili, non me ne faccio un vanto.
Dico invece che prima di scrivere in un articolo un giudizio sull’umiltà riferito ad un cuoco stellato, bisogna essere in una posizione impeccabile e bisogna MOTIVARE ACCURATAMENTE quanto si afferma, sennò è davvero meglio lasciare perdere, perché si rischia di fare una gran brutta figura e soprattutto di tradire quello che la nostra professione dovrebbe garantire.
Voglio sorvolare sulla forma di scrittura delle prime righe che è approssimativa e con una forma grammaticale scorretta, ma affermazioni come: “… Materie prime non sempre al top, la preparazione non proprio a regola d’arte, il servizio spesso approssimativo…” senza una minima motivazione tecnica, un accenno a cosa veramente si è trovato inadeguato, a quale gesto è stato deprecabile a tal punto da aver provocato una simile repulsione…. Questo è VENIRE MENO AL DOVERE DI CRONACA, è “un dire-non dire”, è TRADIRE LA PROFESSIONE è offendere i colleghi giornalisti prima dei ristoratori, è scadere nel gossip più becero e antieducativo.
Il pezzo continua con un elenco di piatti bocciati senza appello, senza nessun approfondimento, senza fornire elementi reali di valutazione… SENZA FARE INFORMAZIONE.

Allora la questione non riguarda Tano Simonato, che la sottoscritta conosce molto bene e stima e che è talmente signore da non avermi chiesto nessun parere né intervento in merito.
La questione è rivolta ai miei colleghi che scrivono con coscienza: ci rendiamo conto di come viene sminuita in questo modo la categoria? Ci accorgiamo che siamo al punto in cui i cuochi ci insegnano come si deve fare correttamente cronaca? Vogliamo che avvenga questo? Scusate ma io mi dissocio.

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